Nei pressi del Pian di Giullari sulla collina di Montìci, accanto alla meravigliosa Chiesa di Santa Margherita che domina le valli dell’Arno e dell’Ema, si apre un cancello che delimita una proprietà privata che fin da ragazzo ha acceso la mia curiosità. Negli anni ottanta del secolo scorso il ricordo è di un ingresso sempre presidiato dai blindati dei Carabinieri e subito di là dal muro una casetta. Ma è quella la casa del Presidente del Consiglio? Cosa ci sarà dietro al muro? Con una visita guidata consentita al nostro CRALT sono finalmente entrato in quel cancello.
Quella vicina all’ingresso è una abitazione di servizio, più avanti, dopo una lieve discesa immersa negli ulivi e cipressi, il verde tipico di queste colline, appare la casa di campagna di famiglia la villa “Il Tondo dei Cipressi”, dimora abituale del professor Giovanni Spadolini dal 1978 al 1994 nei pochi momenti di libero consentiti dagli impegni istituzionali in Italia ed a l’estero.
La villa chiamata in famiglia la "Casa dei libri" contiene il nucleo di pubblicazioni a cui Spadolini era particolarmente affezionato. Gli argomenti spaziano dall'Illuminismo, alla Rivoluzione francese ed epoca napoleonica, fino alle opere di letteratura, critica letteraria, riviste e periodici del XIX secolo e, infine, una sezione dedicata a Firenze e la Toscana. Il padre Guido era un pittore di stile macchiaiolo (di lui sono esposti alcuni pregevoli dipinti a olio), fu lui a iniziare il figlio allo studio e alla passione per i libri, creando quello che fu il primo nucleo dell'attuale biblioteca, composto prevalentemente da saggi e monografie di argomento artistico. Sono conservati gelosamente anche i primi libri che Giovanni Spadolini scrisse, quando ancora era ancora un fanciullo, come le biografie di uomini illustri scritta (a mano) ad appena nove anni, o la rivista letteraria del periodo scuole medie. A quattordici anni risale il suo primo saggio, dedicato alle biografie di personaggi illustri del passato e del presente.
La casa-museo È stata la sua residenza prediletta dicevamo, dove era solito accogliere personalità politiche e capi di stato in visita a Firenze. Da questa casa è passata la storia, qui è costudita la storia; nei libri, nei dipinti, nei cimeli e gli oggetti raccolti nel tempo. Per sua espressa volontà “…Immagino le stanze della mia casa popolate di giovani che studiano le carte e i libri che ho raccolto nel corso della mia vita….” è diventata la sede della Fondazione intitolata a lui e alla pubblicazione a cui volle dare continuità la “Nuova Antologia”, una delle più prestigiose riviste culturali italiane ed europee, nata a Firenze nel 1866, erede della “Antologia” di Giovan Pietro Vieusseux. Alla pubblicazione Spadolini ha collaborato fin dagli inizi della sua carriera di storico e intorno alla metà degli anni Cinquanta ne assunse la Direzione, incarico che ha mantenuto per quarant’anni.
La Fondazione Spadolini Nuova Antologia per statuto mette a servizio degli studiosi l’ingente patrimonio culturale e la biblioteca che lo statista le ha lasciato al momento della scomparsa, il 4 agosto 1994; patrimonio che ha incrementato anche successivamente senza fine di lucro grazie a donazioni. Offre prioritaria attenzione alla formazione dei giovani, portando avanti la rivista e le pubblicazioni ad essa collegate. Si occupa di tramandare e mantenere viva la memoria attraverso il competente lavoro sui testi, la catalogazione degli oltre centomila volumi, il riordino degli innumerevoli documenti e oggetti di particolare rilevanza storica oltre che della conservazione della pinacoteca che consta di pezzi di grande valore artistico.
La biblioteca, aperta al pubblico, raccoglie volumi di storia e cultura contemporanea, italiana e internazionale, dal Settecento ad oggi, raccolte complete di periodici e documenti catalogati. Importanti anche i fondi archivistici, da quelli relativi all’attività politica e culturale di Giovanni Spadolini, a quelli di personalità dell’Ottocento e Novecento. Un’eccezionale importanza riveste il nucleo di manoscritti composto da circa 30 fogli, in cui figurano lettere di ufficiali dell’armata francese scritte durante la napoleonica campagna d’Italia, lettere di illustri esponenti della politica e della cultura dell’Ottocento toscano come Vieusseux e Capponi e lettere di alcuni dei protagonisti del Risorgimento come Tito Speri, Mazzini, Garibaldi e Cavour. Nella biblioteca si trova il fondo Zannetti, un fondo appartenuto al dottore fiorentino che operò al piede Garibaldi ferito sull’Aspromonte, in cui figurano dipinti, una nutrita raccolta di manoscritti e alcuni suoi oggetti personali (strumenti di lavoro, onorificenze e fotografie).
La pinacoteca Raccoglie una ricca collezione di opere d’arte antica e moderna, possiede alcuni dipinti antichi tra cui si annoverano una Annunciazione del XV secolo (tempera su tavola), un’icona russa del XVIII e un ritratto di Voltaire del 1770. La maggior parte delle opere risale però ai secoli XIX e XX; i quadri ottocenteschi, circa una quarantina di pezzi, sono perlopiù di soggetto risorgimentale; accanto ai vari ritratti di personaggi dei suoi miti come Garibaldi, Mazzini e Cavour, figurano belle scene di battaglia, come ad esempio quella di San Martino eseguita da Carlo Ademollo e vari avvenimenti o eventi collegati sempre alle vicende risorgimentali. Ma anche tanto Napoleone; fin dal 1938, quando dedicò a Bonaparte il primo profilo biografico della sua raccolta Pagine di Letteratura e Storia, Giovanni Spadolini è stato profondamente influenzato dalla personalità di Napoleone e dalla sua figura storica. Sempre nello stesso ambito rientrano i dipinti del fondo Zannetti, disegni di Gioacchino Toma, Adriano Cecioni mentre di Giovanni Fattori sono il piccolo ma delizioso disegno Due bovi e un contadino, tre paesaggi all’acquaforte e una piccola marina a olio su tavoletta a lui attribuita.
Ben più consistente risulta la collezione d’arte del Novecento: si segnalano tra le altre le numerose opere di pittura post macchiaiole di Guido Spadolini, le opere di Tito Lessi, Achille Lega, Primo Conti, Lorenzo Viani e Renato Guttuso. I gruppi di opere principali sono comunque quelli che danno i nomi alle varie sale della “Casa dei libri”: i 25 pezzi tra dipinti e disegni di Ottone Rosai, i 18 pezzi di Ardengo Soffici, il dipinto, le 11 incisioni e il disegno di Giorgio Morandi e i 20 quadri di Nino Caffè. Numerosa è anche la serie di dipinti di artisti del Novecento, che spesso erano in rapporti di amicizia con Spadolini stesso, come Giorgio Morandi (una Natura morta), Filippo de Pisis, Ottone Rosai, Mario Mafai. Poi ancora stampe d’arte circa 300 e collezioni di piccole sculture.
La collezione del Risorgimento Spadolini fu anche un grande collezionista di cimeli, soprattutto legati al Risorgimento italiano, che raccolse e collocò nelle vetrine del primo piano della villa, oggetti delle tipologie più disparate e di varie datazioni che si ricollegano o sono appartenuti ad alcuni personaggi e realtà storiche: da Napoleone a Re Vittorie Emanuele II, passando per Mazzini, Garibaldi, Cavour, Pio IX, tanto che alcune stanze della sua abitazione sono un vero e proprio museo del Risorgimento. Il cimelio storicamente più interessante è il più antico tricolore italiano, risalente alla Repubblica Cisalpina del 1799, gli unici esemplari a banda stretta e lunga, a imitazione della bandiera francese, ancora esistenti. A parte alcuni pezzi più preziosi come ad esempio monete e medaglie in oro e argento, un vaso della manifattura di Sèvres risalente all’epoca di Napoleone III, piccoli gioielli in oro, un elmo della guardia civica granducale del 1848 perfettamente conservato con la coccarda tricolore originale, si tratta prevalentemente di oggetti di un valore materiale piuttosto modesto ma, appunto, di un grande valore storico-documentario. Il loro numero preciso è al momento difficilmente inquadrabile, data la mancanza di una catalogazione sistematica. Accanto a questi piccoli oggetti, spiccano i cimeli risorgimentali sempre conservati alla villa: oltre quelli già citati del fondo Zannetti, si contano la camicia garibaldina con relativo berretto del 1861-62, le due baionette della fine del Settecento, l’orologio a pendolo con l’effigie di Garibaldi.
La casa ed i suoi ospiti. Infine l’ultimo ambiente è dedicato agli oggetti, storicamente più recenti, ricevuti in dono dai suoi ospiti (su tutti quello dell’Imperatore del Giappone) o legati all'attività di politico di Spadolini. Le onorificenze e i doni ricevuti nel corso della sua carriera istituzionale da illustri personaggi della politica e della cultura: si va dalle medaglie ai diplomi di laurea honoris causa, dagli argenti ai vasi. Dai regali ufficiali di quando era Presidente del Consiglio (di Indira Gandhi, di Margaret Thatcher, di Ronald Reagan del presidente Greco Karamallis) alle vignette che lo ritraevano, come le tavole originali firmate da Giorgio Forattini, che lo disegnava rubicondo e senza vestiti.
Un ringraziamento particolare al Professor Cosimo Ceccuti presidente della Fondazione e alla nipote Giovanna Spadolini, che con passione ci hanno illustrato tutti gli ambienti dei quali sicuramente avrò dimenticato di citare qualcosa.