Il Ghetto ebraico di Venezia nel 2016 compie 500 anni
È il momento delle celebrazioni e riflessioni su una città tanto affascinante quanto problematica. È una zona caratteristica che ormai accoglie forse più turisti che abitanti e ha in sé la storia di un popolo e di un’epoca: il Ghetto ebraico di Venezia compie 500 anni.
Una data da ricordare non solo per gli ebrei veneziani ma per tutta la cittadinanza, il 29 marzo 1516 veniva stabilito che tutti gli israeliti dovessero obbligatoriamente risiedere in un’area definita della città che sarà chiamata Ghetto Nuovo.
Venezia la presenza ebraica risale a già prima dell’anno mille e sino all’istituzione del ghetto gli israeliti, anche se con alcuni divieti, potevano vivere in qualsiasi luogo della città. Il “Ghetto” venne chiamato così almeno dagli inizi del XIV secolo e il nome deriva dalle fonderie pubbliche per la fabbricazione delle bombarde (dal verbo “ghettare”: affinare il metallo con la “ghetta”, ovvero con il diossido di piombo). Anche allora questi spazi erano distinti in due parti, detti rispettivamente Ghetto Vecchio e Ghetto Nuovo.
Le ondate migratorie da tutta l’Europa portarono a Venezia un gran numero di ebrei e per garantire alloggi sufficienti si espansero in verticale gli edifici: tutt’oggi le costruzioni del Ghetto si caratterizzano per la notevole altezza, sino ad otto piani. Ma non fu abbastanza e al Ghetto Nuovo nel 1541 venne aggiunto il Ghetto Vecchio e nel 1633 aperto il Ghetto Novissimo. Un numero così crescente di abitanti necessitò varie sinagoghe, una per ogni gruppo di omogenea provenienza. Così sorsero la Schola Grande Tedesca, la Schola Canton (ritoashkenazita), la Schola Levantina, la Schola Spagnola e la Schola Italiana. Gli edifici costituiscono tuttora un complesso architettonico di grande interesse.