Iniziamo oggi un breve tour che ci porterà a conoscere “da vicino” alcuni luoghi che tanto hanno significato per la generazione dei nostri nonni: per loro davvero un bivio fra la vita e la morte!
Ci riferiamo a località che nella Grande Guerra sono state teatro di importanti avvenimenti bellici. Ancora oggi il percorrerne gli ambienti ci trasforma in uno di quei giovani di oltre 100 anni fa: stiamo guardando proprio gli stessi spazi che quei ventenni, catapultati in un incubo inimmaginabile, sicuramente vedevano con occhi increduli.
Ci farà da guida Ferruccio, una vita in Azienda e gran conoscitore di questi luoghi un tempo di battaglia: uno stimolo per visitarli di persona prima possibile: atmosfere sospese fra il turismo silenzioso al tempo della pandemia e l’eco - non da molto affievolita - di crepitii di armi e rimbombi di cannone.
Dovrebbe essere stata questa infatti la colonna sonora del Forte di Montecchio Nord, maestosa costruzione militare a Colico -meno di 40 km da Lecco- generalmente insignita del titolo di “fortezza meglio conservata in Europa”.
Già “dovrebbe essere”: vedremo assieme che non è proprio così ...
Stiamo parlando di una fortezza edificata negli anni 1912-1914, in continuità rispetto ad un sistema di difese (talvolta erroneamente citato come linea Cadorna) che alla vigilia della prima guerra mondiale voleva opporsi ad un probabile attacco tedesco o austro-ungherese che fosse stato lanciato dopo aver invaso la neutrale Svizzera: lo collocazione geografica del Forte avrebbe infatti bloccato l’accesso del nemico alla pianura padana e, di conseguenza, l’occupazione di Milano.
È sufficiente visitare gli edifici, perfettamente conservati visto che fino agli anni ‘50 erano destinati ad ospitare una polveriera militare, per immedesimarci istantaneamente nei giovani artiglieri là comandati a presidiare, con 4 cannoni, le valli della Valchiavenna e della Valtellina. Entriamo in contatto, come attraverso una macchina del tempo, con la quotidianità di quella vita in grigio verde: l’ufficio comando, l’infermeria e gli alloggi (protetti da una copertura di un metro di calcestruzzo) e, soprattutto, le postazioni delle minacciose bocche di fuoco.
Quello che colpisce ancor oggi è la modernità dell’infrastruttura logistica, in grado di garantire riscaldamento (a legna) e ventilazione degli ambienti, linee telefoniche interne e dinamo per la produzione di energia elettrica, nonché norme di sicurezza in grado di scongiurare esplosioni accidentali, letali in ambienti destinati all’armamento di proiettili (ad esempio adottando per le porte cardini in rame anziché in acciaio, ad evitare impreviste e letali scintille o allocando lampade in nicchie protette sempre per impedire analoghe devastanti conseguenze).
Tutta una catena fisica ed organizzativa quindi che culminava – attraverso una galleria di 120 metri- con le postazioni di 4 cannoni, in grado di ruotare a 360 ° e di recapitare proiettili a ben 13 chilometri di distanza!!
Una signora macchina da guerra, pressoché invincibile, non è così?
Mah, in verità quell’invasione nemica attraverso la Svizzera non fu mai lanciata e quindi il rimbombo del cannone nelle valli avvenne in maniera assai sporadica: all’epilogo della seconda guerra mondiale per bloccare, dopo la sosta di Dongo, la famosa colonna tedesca che aveva trasferito al nord Mussolini e poi in occasione di cerimonie in memoria di comandanti della Resistenza.
Un Forte militare quindi con insospettabili tendenze pacifiste, in grado di collocarsi a metà fra il Deserto dei Tartari ed i Cannoni di Navarone, sfiorando addirittura i Promessi Sposi (nel film manzoniano di Mario Camerini del 1940 recitarono infatti come comparse molti militari liberi dal servizio di stanza a Montecchio Nord).
Cominciamo allora ad organizzare un’escursione a Colico -DPCM permettendo- e poi ci muoveremo verso altre tappe che ci faranno precipitare in pagine drammatiche della Grande Guerra.