Correva l'anno 1880 quando il conte Alessandro Pericle Ninni, etnografo e naturalista veneziano, studioso della laguna e delle attività di pesca, si rivolgeva all'artigiano chioggiotto Angelo Marella perché riproducesse in scala le imbarcazioni e le attrezzature dei pescatori. Il conte Ninni dava seguito alla richiesta dell'allora Ministro dell'Agricoltura del Regno d'Italia, che voleva rappresentare l'attività peschereccia degli abitanti della laguna di Venezia alle Esposizioni internazionali di fine secolo.
Così è nata una raccolta unica, affascinante e preziosissima di riproduzioni di imbarcazioni e attrezzi per la cattura, il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione del pesce in quel tempo. Raccolta ora restaurata, proprietà del Museo di Storia Naturale, che viene ripresentata al pubblico oltre un secolo dopo la sua creazione così come veniva presentata alle Esposizioni dell'epoca: accompagnata da esempi e descrizioni delle specie ittiche pescate e delle diverse peculiarità ambientali lagunari, valli da pesca, barene, velme, paludi. Ad accompagnare tutto questo alcune foto d'epoca a testimonianza del cambiamento di usi, mestieri e ambienti.
L'esposizione si muove sulla scia dei modellini per portare il visitatore alla scoperta dell'ambiente lagunare dell'epoca e della fisionomia della città di Venezia e della sua allora fitta popolazione. La pesca era attività economicamente importante e imbarcazioni e attrezzature variavano seguendo la grande variabilità ambientale in cui si svolgeva.
I pezzi in mostra sono 184, di questi oltre 60 sono stati costruiti dall'artigiano Marella in soli 24 giorni: servivano infatti immediatamente dopo l'ordine per l'Esposizione Internazionale della Pesca di Berlino, ci arrivarono accompagnati da pesci, molluschi e crostacei, in vaso o seccati. L'anno dopo, il 1881, la collezione veniva esposta all'esposizione Industriale di Milano. Pochi anni dopo, entro la fine del secolo, veniva donata al Civico Museo e Raccolta Correr, dove diventò parte del nucleo fondante del Museo di Storia Naturale, istituito nel 1923.
La pesca in laguna dell'epoca era il risultato di un'evoluzione secolare con forti specificità: i buranelli lavoravano con flotte, aree e pesche diverse dai veneziani o dai pescatori di San Pietro in Volta, o di Pellestrina, o di Chioggia. C'era la pesca delle specie stanziali come il go, che si prendeva con la pesca a brazzo, cioè stanandolo a mano, o con le chebe da go. O come i bivalvi, capa tonda, capa lunga, canestrello, caparozzolo, ostrega, peocio, con la pesca manuale, quella con le rasche e l'ostregher da laguna.
C'era la pesca cosiddetta di intercettazione, delle specie che si muovono con le maree, catturate nelle aree di passaggio con le reti, cogolli, saltarelli, bilancioni, a tirare su sièvoli, orate, passarini, anguelle e bisàti. C'era la pesca a strascico e c'erano le valli da pesca, ambienti importantissimi prima per la cattura, aperte, e poi per l'allevamento, arginate. C'era la pesca alle bocche di porto e ai lidi, con reti dette tratte da marina, e la cattura di specie inedite in laguna, i rombi, gli astici, el pesse turchin tirato su sottocosta con batelucci e bragozzi e vele coloratissime, tramandate nelle famiglie di pescatori per generazioni: Marella le riprodusse in un quaderno, oltre un migliaio di disegni. E ancora la pesca delle seppie, tradizionalmente una delle più importanti, e del granchio verde, che da esca povera per le reti è poi arrivato nei piatti come mazanetta e soprattutto moleca, coi i molecanti che ancora oggi riforniscono il mercato.
La pesca in laguna è una panoramica su un mondo vasto e variegato, è un viaggio nel tempo e nello spazio. Che racconta la vita dei pescatori in mare e a terra, le normative di settore dell'epoca, le corporazioni, le mariegole, e ancora le feste tradizionali legate alle vicende della pesca e alla stagionalità della laguna, la manutenzione delle barche, delle reti e delle altre attrezzature, con dettagli di carattere sociale, antropologico, culturale e folcloristico.