Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Università agli Studi di Padova promuovono, nella ricorrenza degli 800 anni dalla fondazione dell’Ateneo Patavino, “L’occhio in gioco. Percezioni, impressioni e illusioni nell’arte dal Medioevo alla Contemporaneità”, una grande mostra che sarà allestita a Palazzo del Monte di Pietà a Padova dal 24 settembre 2022 al 26 febbraio 2023.
Ad essere proposto è un nuovo modello espositivo, che abbraccia e unisce due dimensioni: lo sguardo generale che accompagna il visitatore a comprendere l’indagine e lo sviluppo delle arti sul tema del movimento, e uno, più specifico, che indaga i rapporti tra la psicologia della percezione e la creatività. Ad annunciare ufficialmente l’evento sono Daniela Mapelli, Rettrice dell’Università di Padova e Gilberto Muraro, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
“L’occhio in gioco” spazia su due ambiti espositivi paralleli, due percorsi per certi versi autonomi ma riuniti dal momento storico su cui entrambi si focalizzano, gli anni ’60, e dal rappresentare, entrambi, il nuovo che irrompe nell’arte.
La sezione dedicata alla percezione, al movimento, al colore, all’optical come caleidoscopio è curata da Luca Massimo Barbero mentre quella denominata “La scuola patavina di psicologia della percezione, il Gruppo N e l’arte programmata” è affidata, tra gli altri, al prof. Guido Bartorelli e al prof. Giovanni Galfano dell’Università di Padova.
“La scuola patavina di psicologia della percezione, il Gruppo N e l’arte programmata” si propone di valorizzare un particolare momento culturale della città di Padova, quello che vede il formarsi di un’eccellenza artistica che ha riscontro nazionale e internazionale: il Gruppo N, la cui ricerca è strettamente connessa alla realtà accademica padovana legata alla psicologia della percezione e alla sua eredità” anticipa la Rettrice Daniela Mapelli.
“Attraverso la presentazione al grande pubblico di opere selezionate del Gruppo N, dei suoi fondatori e di artisti legati all’arte programmata, si vuole dare vita ad un percorso che permetta allo spettatore di comprendere le problematiche metodologiche e visuali poste da questa ricerca, il contesto culturale in cui hanno operato gli artisti e, soprattutto, di avvicinarsi agli aspetti teorici sottostanti i fenomeni percettivi che vengono presi in considerazione nella realizzazione delle opere”.
Il Gruppo N, composto tra il 1960 e il 1964 da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, è indissolubilmente legata alla città di Padova.
“Fondazione Cariparo”, afferma il Presidente Gilberto Muraro, promuove questo progetto espositivo di respiro internazionale con l’obiettivo non solo di fare ricerca ma anche di valorizzare produzioni artistiche note agli esperti e agli amanti dell’arte, ma forse meno conosciute al grande pubblico. Una mostra che potenzialmente è in grado di attrarre molti visitatori provenienti da altre città. Inoltre, la presenza di una sezione scientifico-laboratoriale garantirà un notevole coinvolgimento per i visitatori di tutte le età, che potranno sperimentare e capire le ragioni psicologiche degli effetti ottici esibiti dalle opere.”.
La sezione della mostra a cura di Luca Massimo Barbero prende le mosse dalla raffigurazione del cosmo, con miniature e dipinti del Quattrocento che percorrono confronti con l’arte cinetica e optical e prosegue con la storia dei grandi temi affrontati nella pittura antica, manualista, post impressionista, futurista e dinamica orfica del Novecento sino alle prime prove dell’arte optical, cinetica e programmata.
“La rappresentazione del movimento – annota il prof. Luca Massimo Barbero – ha sempre affascinato l’umanità a partire dalla preistoria nelle immagini di animali dipinte, nelle grotte paleolitiche il cacciatore credeva in un certo senso di possedere magicamente ciò che rappresentava, di propiziarsene la cattura o l’uccisione.
In ogni tempo, però, vi sono state due diverse categorie di movimento, con continui scambi e invasioni del campo l’una rispetto all’altra, vale a dire quello statico, ma ottico (e quindi simbolico, psicologico, mentale, visivo, spettacolare nel senso panofskyano del termine, dove anche la prospettiva è un dispositivo illusionistico) che è una costante storica; quello fisico, reale, materiale, concreto, percepibile nel costruire lo sguardo per l’opera d’arte.
Questa doppia via, una sorta di vademecum, di leitmotiv che attraversa tutta l’esposizione, si avvarrà non solo di opere d’arte, ma anche di una serie di preziosi documenti storici come volumi antichi, oggetti scientifici provenienti da musei internazionali e dalla città di Padova, fotografie e pubblicazioni dedicate alla percezione, al movimento, allo studio della storia del colore.”