“Se ho imparato una cosa buona da lei, è che la tragedia col passare del tempo diventa farsa, perciò tocca sorridere quando grandina”.
Tra tutti i passaggi e i passi da non dimenticare del romanzo di Mìcol Mei, Il richiamo del dirupo (Miraggi edizioni), questa è forse quella che a parer mio condensa meglio l’opera, perché racchiude in sé il significato più intimo e meno immediato che sottendente tutto quanto il romanzo.
Quattro personaggi per un soggiorno misterioso. Quattro diversi individui, profondamente turbati, in fuga da qualcosa e soprattutto da loro stessi. Perché forse non è tanto i luoghi noti che vogliono abbandonare, quanto piuttosto i loro veri Io. Ecco allora che l’offerta della signorina Siviero, perpetuata a nome di un misterioso locatore, diviene l’occasione perfetta per l’isolamento metaforico di tutti e quattro i protagonisti del Richiamo del dirupo. In cambio del soggiorno, l’unica cosa che viene richiesta loro è quella di compilare delle memorie, delle specie di diari che ognuno di loro sarà chiamato a tenere durante la breve permanenza nella villa.
La villa in questione, Il pallido rifugio nel farsi scenario di una narrazione difficilmente incasellabile in uno specifico genere letterario – perché porta seco moltissimi dei topoi e delle caratteristiche di svariati generi, dal gotico al giallo, al romanzo introspettivo alla narrativa pura – diviene metafora dell’intero romanzo. Il Pallido Rifugio infatti è un luogo decadente, dal passato incerto e spesso discusso, raccontato di bocca in bocca tra le male voci del paese, come nel caso dei quattro protagonisti che arrivano a soggiornarvi. E anche loro, come la fatiscente villa, sono le ultime macerie, i resti di un tempio ormai profanato di cui, in un misto di fascinazione e terrore, si guardano i massi che ne costituivano le fondamenta.
La permanenza dei quattro sarà significativa per ognuno dei personaggi, perché essi dovranno essere in grado di sfruttare il poco tempo messo a disposizione per tirare le somme e venire a capo dei problemi e degli impedimenti che li hanno condotti fino al Pallido Rifugio.
Il richiamo del dirupo è un romanzo criptico perché non si legge una volta per tutte, non ha una soluzione ma ne porta in scena diverse. Tutto è sottoponibile al vaglio di una differente prospettiva e sensibilità, e ogni cosa rimanda a un’altra, come metafora e allegoria di qualcosa di cui il lettore ha il sentore ma nessuna certezza. Una scrittura agile e abile quella di Mìcol Mei, perché da un lato sa come mantenere incollato alle pagine il lettore, e dall’altro non si risparmia di far sfoggio di tutto un vocabolario ormai inutilizzato che rimette in vita le parole e la capacità di fare letteratura per tutti con una lingua ancora per pochi.
Titolo: Il richiamo del dirupo
Autrice: Mìcol Mei
Editore: Miraggi Edizioni