03 Aprile 2021

Giallo in grigio verde (un cold case di 106 anni fa)

di Franco Moraldi
Prosegue il viaggio al fianco dei nostri nonni negli anni della Grande Guerra alla scoperta di luoghi, avvenimenti e persone di cui non sempre c’è memoria nei capitoli della grande Storia ufficiale

Continua a indicarci le strade da percorrere Ferruccio, grande esperto di sentieri alpini ed episodi bellici:  dopo averci fatto conoscere nella prima tappa il forte militare “pacifista” di Montecchio Nord, oggi ci porta  al museo all’aperto delle 5 Torri, nel comune di Cortina d’Ampezzo: un’area che accolse la sede del comando  di artiglieria dell’Esercito Regio e che fu testimone non solo di cronache di guerra ma anche di un giallo che  resterà insoluto forse per sempre.

La prima notizia intanto è che le 5 Torri, il gruppo montuoso di 5 formazioni rocciose che ha dato il nome al luogo, oggi dovrebbe “ridursi” a 4 Torri: nel giugno del 2004 infatti una torre è crollata – rimanendo comunque visibile in loco- così che, in ogni caso, il nome della zona non è cambiato.

Oggi il silenzio, una comoda seggiovia e panorami mozzafiato caratterizzano l’ambiente che invece, allo scoppio della Grande Guerra, rappresentando una fondamentale postazione strategica in grado di dominare il Falzarego e le valli sottostanti,  fu teatro di combattimenti e di cannoneggiamenti addirittura da parte di cannoni della nostra Marina, capaci di sparare proiettili di 30 cm di diametro (sì, avete letto bene: furono lì trasportati e usati contro le postazioni austriache anche se non con risultati poi esaltanti).

Oggi i turisti -Covid permettendo- possono visitare comodamente trincee, camminamenti, postazioni
d’artiglieria e baracche – oramai da tempo ripulite dal sangue e dall’odore della morte di generazioni di ventenni – ignorando quasi tutti di trovarsi nel teatro di un vero giallo, con una trama che non
dispiacerebbe a Quentin Tarantino. 

Solitamente il buon giallo comincia con la vittima e noi non infrangeremo le regole, incontrando subito il morto. E’ un militare, e che militare: signori, il Generale di Divisione Antonio Cantore, comandante della seconda divisione alpina. 

Il tipo è particolare: ufficiale ligure col DNA di alpino (tranquilli, il DNA era stato isolato 46 anni prima ..), metà John Wayne e metà Hemingway, una carriera mirabile (aveva pure comandato un reggimento di alpini in.. Libia) e ora è lì, nominato direttamente da Cadorna che vuol sferrare un attacco “finale” agli austriaci, asserragliati a 1800 mt nella roccaforte del “Castelletto”, un nido di mitragliatrici quasi invulnerabile. 

Beh, una via per sloggiare il nemico Cantore già la vede: un attacco che parta dalle postazioni italiane a 1300 mt e salga, per 500 metri, sotto il fuoco austriaco, fino alla meta. Un esito della manovra incerto ma una strage di centinaia di ragazzi sicura. 

Generale per te la guerra è da poco iniziata, altro che finita: nessun sacrificio è troppo grande per la vittoria.

Ed allora vai al campo dei soldati, entri in mensa ufficiali ed alla finestra, puntando il dito in alto, dici
“Domani sarete tutti lassù”; che vuoi dire: vittoriosi nella fortezza   o ancora più su, in cielo fra i caduti della Grande Guerra??

Non potrai mai farcelo sapere, Generale Antonio Cantore, perché il 20 luglio del 1915 mentre in trincea col cannocchiale scruti la postazione nemica per decidere come lanciare l’assalto, una pallottola ti fulmina, forando la visiera del tuo bel cappello da generale.
Un cappellone alto, colorato, con aquila e corona dorate, visibilissimo: ma come si fa ad andare con questo copricapo in prima linea, Generale Antonio Cantore? 

Per tutti sarai vittima di un eccellente cecchino nemico, primo Generale d’Italia a morire in quella Guerra Mondiale, e dire che un po' famoso già lo eri, cantato addirittura da D’Annunzio (con versi francamente non indimenticabili) dopo la conquista di Ala, cittadina dominata dagli austriaci.

Però ..  però qualcosa non torna: intanto in prima linea era normale che gli ufficiali si camuffassero per non diventare facili bersagli: ed infatti il generale ha una giacca da semplice fante…ma, nonostante ciò, va in prima linea ad indossare quel cappellone???  

Che strano, eh? Un eroe che compie un imperdonabile atto di imprudenza o…. piuttosto la vittima di un omicidio da parte di ufficiali italiani subalterni, che magari in quel terribile colpo alla fronte videro l’unica strada per fermare una strage annunciata? Sembra di vedere la scena: prima un alterco,  poi quel colpo sparato e, recuperando lucidità, la messinscena in trincea e  la leggenda del cecchino infallibile… 

Se non fosse stato per quel vistoso cappellone… che nel 1998 fu anche possibile ammirare direttamente, alla mostra sulla Grande Guerra di Cortina: troneggiava in una teca d’onore con a fianco 2 proiettili in dotazione alle truppe belligeranti, ben distinguibili anche per il diverso diametro: 8 mm quello austro-ungarico e  6,5 mm  quello italiano. 

Fu davvero emozionante vederlo da vicino, con  quella visiera in cuoio in cui si distingueva ancora benissimo il foro della pallottola, con quel diametro di 6,5 mm…

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