Sbarcai dall’aereo quasi incredulo di essere dall’altra parte del mondo. A ben 15.500 km dall’Italia in linea d’aria. Il freddo umido e penetrante di dicembre, che avevo lasciato a Venezia, per una sorta di strana alchimia, si era trasmutato in morbido tepore. E già avvertivo nell’aria vaghe essenze sconosciute, residui incombenti di una terra rimasta, per lo più, ancora incontaminata.
I controlli alla dogana si confermarono accurati. Fui il prescelto, forse per il mio aspetto mediterraneo, tra un gruppo di pallidi anglofoni usciti con me dalle forche caudine elettroniche, per essere sottoposto ad un test sulla detenzione di esplosivo. Con meccanica cortesia, la donna in divisa mi chiese di allargare braccia e gambe e mi sfiorò il corpo con una paletta.
Un simpatico cane, color canguro, scodinzolava irrequieto mentre annusava con rapidi scatti, come un’ape tra i fiori, i bagagli a mano dei viaggiatori che sfilavano ordinati per raggiungere i box della polizia doganale.
Mentre il taxi mi trasportava nella City, ero in preda ad una strana eccitazione. Un misto tra curiosità, aspettativa e stupore per dei panorami suggestivi e sconosciuti che vedevo sfilare lungo il finestrino. Ma predominava la gioia di poter finalmente rivedere ed abbracciare, dopo un lungo anno, mio figlio. L’avrei raggiunto dopo tre giorni, nella successiva tappa australiana, a Sydney!
Sullo sfondo, le torri altissime e luccicanti del centro città riflettevano una luce di miele e annunciavano il mio imminente arrivo a destinazione.
L’agenzia immobiliare che mi consegnò le chiavi dell’appartamento, aveva una enigmatica mappa del mondo appesa al centro di una parete, in bella evidenza. Colto da curiosità mi avvicinai per capire di che cosa si trattasse.
Evidentemente gli addetti dell’agenzia si aspettavano un tale atteggiamento. Chissà quanti altri clienti erano stati attratti da quella bizzarra cartografia! Mentre ciondolavo la testa a destra e a sinistra per cercare di individuare l’Italia, piccola e confusa tra frastagliature mediterranee, due occhi azzurri e una bionda figura in divisa, mi si avvicinò con un’espressione quasi divertita. «Come mai è rovescia questa mappa?» Chiesi alla fanciulla, cascando nella trappola.
«Ma non è rovescia … è corretta!» mi rispose con convinzione, mascherando male un sorriso un po’ beffardo.
Mi spiegò che un suo connazionale, un certo Stuart McArthur, nel 1979, cercò di rivoluzionare l’orientamento “Europa-centrico” del planisfero. Mal sopportava che l’Australia, ultima terra ad essere scoperta, fosse stata relegata in una posizione defilata nelle mappe. Poiché la rappresentazione del mondo così come la conosciamo da molti secoli, altro non è che una convenzione, adottata dai popoli che furono predominanti, McArthur decise di mettere il nord al posto del sud, esiliando l’Europa in un esiguo spazio, compresso da tre continenti. Ebbene, l’idea di non avere ora la testa all’ingiù l’accettavo volentieri perché mi divertiva. Ritornato in Patria però avrei disconosciuto McArtur, riequilibrando così il mio assetto sul pianeta.
Perth è una città moderna. Edifici scintillanti. Dove finisce il prato all’inglese inizia il marciapiede o il grattacielo. Gli australiani hanno una cura e un rispetto quasi maniacale per la natura. Lungo lo Swan River, il fiume che attraversa la città, vi sono numerose piste ciclabili e pedonali che si inoltrano tra alberi dalle fronde poderose e aiuole con arbusti lussureggianti abitati da cromatici fiori alieni.
Di mattina, prima che gli aliti caldi del sole arroventino il suolo, molti giovani si dedicano allo jogging. Hanno corpi atletici e tatuaggi dappertutto. Non è facile incontrare degli anziani così come siamo abituati a vederne nel nostro Paese, nemmeno nelle periferie in stile coloniale. Tutto è predisposto in funzione del cittadino, vero fulcro, su cui gravita l’organizzazione civica, sociale e politica. I trasporti sono gratuiti nella City operosa; negozi, uffici, strutture pubbliche sono disciplinati ed efficienti, per quanto ho potuto riscontrare. I bagni pubblici, esempio forse banale ma emblematico di cura e rispetto per gli abitanti e non, si trovano ovunque e sono gratuiti; sempre ben attrezzati, lindi e profumati. Qualcuno è dotato di antibagno con panche, per chi volesse sostituire la tenuta da jogging con i propri abiti. Spesso vi sono anche le docce. Provate a cercare una toilette pubblica a Venezia, città visitata perennemente da milioni e milioni di turisti!
La chiamata ai semafori, per l’attraversamento della strada, funziona veramente e immediatamente, privilegiando sempre i pedoni!
Particolari, questi, forse futili, ma che riscontrerò in tutta l’ex colonia di sua maestà Elisabetta II, perfino nelle cittadine sperdute di campagna.
Gli australiani li ho trovati tutti disponibili e gentili. Con gli italiani hanno un feeling particolare. Nonostante tutti i nostri difetti ci ammirano, principalmente per la nostra storia, la bellezza del nostro Paese e della nostra arte. Se di fatto, li invidio per la loro organizzazione civile, loro sono consapevoli che la più sgangherata delle nostre chiese medievali è più interessante della loro migliore cattedrale.
A fronte di tutto ciò, la vita è cara! Qualsiasi cosa costa di più, a volte molto di più, di quello che saremmo disposti a pagare in Italia. Ad esempio, un cappuccino da asporto, come si usa da quelle parti, costa dai cinque ai sei dollari australiani, cioè circa quattro/cinque euro.
Molto numerosa è la popolazione costituita da indocinesi. Pertanto nei ristoranti, nelle tavole calde o in cucine takeaway, si somministrano principalmente cibi speziati ed aromatici. Grassi e pruriginosi effluvi esotici, a volte sgradevoli, impregnano certe strade che richiamano i loro caotici luoghi di origine.
Alle diciassette e trenta, negozi ed uffici chiudono (supermarket compresi). E la popolazione “autoctona”, tra incroci di fragranze griffate, si riversa “elegante” (secondo altri concetti estetici) nei locali raffinati, nei bar o nei pub. In Australia non si possono bere alcolici per strada! Non sperate, quindi, di acquistare una birra al supermercato, perché vini, liquori e superalcolici vengono distribuiti solo in apposite rivendite. Non sperate di poter fumare per strada! Ci sono specifiche zone della città per i “tabagisti” impenitenti. Ed il regolamento con i “non” potrebbe proseguire, ma mi fermo qui. A proposito: guai a chi sgarra! Le multe sono molto severe.
Insomma, avrete capito che in città non vi è nulla di appassionante, soprattutto dal punto di vista artistico, a maggior ragione se si proviene dall’Italia, ma basta raggiungere la vicina isoletta di Rottnest Island, per apprezzare la vera essenza di questo meraviglioso Paese: la natura!
Il ferry parte da Fremantle, una cittadina portuale oramai inglobata nella periferia di Perth. L’“attrazione” principale è costituita da una vecchia prigione dismessa cinque lustri fa. La guida, che parlava italiano, mi raccontò che durante la seconda guerra mondiale furono rinchiusi anche dei nostri soldati. Alcuni dei quali, finito il conflitto, misero radici con donne del posto.
Provai un turbamento quanto vidi la saletta in cui avvenivano le impiccagioni. Non si faticava ad immaginare gli ultimi attimi prima dell’evento in cui il tempo pareva sospendersi nella semioscurità. Un suono sordo faceva scattare l’apertura della botola ed una sferzata metteva in tensione la corda. Sinistri cigolii dovevano accompagnare l’oscillazione del corpo appeso al cappio, che vedevo ancora lì, vuoto, immobile, a penzoloni sopra il varco aperto per impressionare i turisti.
L’isola di Rottnest è lunga solo 11 Km e larga 5. Spesso è battuta da impetuosi venti che hanno plasmato la tenace vegetazione, composta da agglomerati frondosi verde cupo, molto fitti ma bassi, per opporre meno resistenza alla forza delle raffiche. Sul versante oceanico le onde possono raggiungere dimensioni notevoli, ma non impediscono le evoluzioni dei delfini un po’ più al largo o lo stazionamento, tra gli scogli più riparati, di gruppi di sonnacchiose otarie.
L’acqua è limpidissima. Lungo le coste, nelle risacche o a contorno delle bellissime spiagge bianche e desolate ha un colore vagamente azzurro, attraverso il quale si può leggere, ben definito, il fondale maculato. Poi l’azzurro si rinforza e vira nel blu profondo man mano che l’occhio si distanzia dalla costa.
L’isola è nota soprattutto per i quokka, piccoli marsupiali molto simili ai topi. Quando sul finire del XVII secolo un esploratore olandese vide questi animali pensò che fossero davvero dei grandi ratti e battezzò l’isola con il nome di “Rat’s nest” cioè nido di topi, da cui “Rottnest”.
Superato il primo impatto, presi confidenza con questi graziosi e mansueti animali. Mia figlia fu entusiasta e felice di poterli accarezzare ed imboccare con pezzetti di pane. Si ergono agevolmente su due zampe e allungano il musetto per addentare il cibo. Sembrano sorridere per una curiosa conformazione della bocca, quasi per spronarti a replicare.
Di solito escono dalla boscaglia nei punti in cui vi sono dei tavoli per pic-nic. Si intrufolano negli zaini, se sono a terra, sempre alla ricerca di qualcosa da mangiare. Sono morbidissimi e teneroni.
Un tempo occupavano gran parte dell’Australia sud occidentale, ora sono ridotti a poche colonie protette, la più numerosa delle quali si trova proprio in quest’isola. Non è difficile capire perché furono sempre avversati ed uccisi; anche in modo crudele e sadico, ad esempio, con una “variante” del calcio: il “quokka soccer”. Al posto del pallone si prendevano a calci questi inoffensivi animaletti. Ma come si può essere così malvagi?
Fu una faticaccia esplorare l’isola in bicicletta perché la sua morfologia è composita. Dopo tratti di piano si ergono importanti salite seguite da ripide discese tra arbusti e rocce. Tuttavia, l’esperienza fu appassionante anche per lo stupore suscitato da tutto ciò che di nuovo scoprivo!
In quest’isola ho potuto avvertire la forza poderosa e selvaggia della natura sulle brune scogliere rimbombanti e spumeggianti ma, nel contempo, percepire anche la sua dolcezza diluirsi nei fiori delicati e plasmarsi nei musetti sorridenti dei quokka. A questo pensavo mentre sorvolavo le immense distese desolate per raggiungere Sydney, dall’altra parte dell’Australia!