La Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, in collaborazione con la Fondazione Plart, nell’ambito dell’edizione 2018 di Progetto XXI, presenta la mostra Bruno Munari. I colori della luce, a cura di Miroslava Hajek e Marcello Francolini, realizzata presso il Museo Plart .
Progetto XXI è la piattaforma attraverso la quale la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee si propone, dal 2012, di esplorare la produzione artistica emergente, nella sua realizzazione teorico-pratica, e di analizzare l'eredità delle pratiche artistiche più seminali degli ultimi decenni, nella loro esemplare proposta metodologica. Il progetto intende così contribuire alla produzione e alla diffusione di narrazioni e storiografie alternative del contemporaneo e alla definizione di un sistema regionale delle arti contemporanee, basato sulla collaborazione e l’interscambio fra istituzioni pubbliche e private operanti in Regione Campania.
Bruno Munari (Milano, 1907-1998), designer, scrittore e uno dei massimi protagonisti dell'arte programmata e cinetica, è autore di una ricerca multiforme che, al di là di ogni categorizzazione, definisce la figura di un intellettuale che ha interpretato le sfide estetiche del Novecento italiano, esplorando la relazione fra le discipline e l'interscambio fra il concetto di opera e quello di prodotto, fra forma e funzione.
La mostra presentata al Plart analizza un aspetto in particolare e uno specifico corpo di lavori di Munari, le Proiezioni a luce fissa e le Proiezioni a luce polarizzata realizzate negli anni Cinquanta del secolo scorso, con cui porta a compimento la sua ricerca volta a conquistare una nuova spazialità oltre la realtà bidimensionale dell’opera.
Questa parte peculiare della complessa e variegata produzione artistica di Bruno Munari sarà per la prima volta presentata a Napoli, a seguito della ricerca condotta dalla Fondazione Plart, che ha svolto un accurato lavoro scientifico di digitalizzazione dei vetrini che saranno proiettati in specifici ambienti della mostra. Trattandosi di opere risalenti a oltre cinquant’anni fa (Proiezioni Dirette, 1950; Proiezioni Polarizzate, 1953), il lavoro di digitalizzazione si è reso necessario anche per la conservazione di queste opere, vista la loro precaria costituzione materiale. Inoltre, la digitalizzazione consente di portare alla conoscenza del pubblico un particolare aspetto del lavoro di Munari rimasto sconosciuto per molto tempo, colmando, altresì, i vuoti e le mancanze presenti nella ricostruzione non solo di alcuni aspetti della sua ricerca ma più in generale della storia dell’arte contemporanea, soprattutto nel rapporto arte-tecnologia.
La presenza in mostra di opere come Flexy, multipli realizzati in plastica a partire dagli anni Sessanta, e Fossile del 2000 (1959), in cui componenti elettroniche e materiali metallici sono immersi in pezzi di plexiglass di forma irregolare e bruciato, dichiarano il continuo interesse di Munari nei confronti delle materie plastiche che diventano, con il tempo, elementi fondamentali nella comunicazione visiva in quanto determinano effetti cromatici variabili.