28 Luglio 2022

Artemisia Gentileschi torna a Venezia

di Redazione Cralt Magazine
La Fondazione Musei Civici ospita a Palazzo Ducale un'eroina della storia dell’arte e sancisce lo straordinario ritorno a Venezia di una illustre artista

Nel dipinto Maria Maddalena non è penitente, ma in estasi, con la testa reclinata all’indietro e gli occhi chiusi in un mistico rapimento. La fonte luminosa proveniente dal basso aumenta l’intima drammaticità della scena. Posa e volto esprimono una cruda sensualità, che questo soggetto fosse dipinto da una donna con tale intensità espressiva non faceva che accrescerne il pregio agli occhi dei collezionisti dell’epoca, ai nostri giorni continua a emanare un fascino che conquista lo spettatore contemporaneo. L'opera arriva a Palazzo Ducale dopo la fortunata esposizione Her Hand: Artemisia Gentileschi and Women Artists in Italy 1500–1800 nel Detroit Institute of Arts, che ha chiuso il 29 maggio.

Il rapporto tra Venezia e Artemisia Gentileschi si è andato a delineare con maggior chiarezza soltanto in anni recenti. Oggi sappiamo che la pittrice si fermò in città per circa tre anni, tra il 1626 e il 1629, della sua presenza e attività ci informano testimonianze riconducibili ad ambienti accademici e letterari.

Artemisia a Venezia entrò in contatto con alcuni dei massimi esponenti della cultura letteraria dell’epoca e la sua presenza non passò inosservata: molti poeti le dedicarono versi eloquenti, ne ammirarono il temperamento artistico e la coinvolsero nelle loro serate letterarie. Tra le numerose lettere e poesie a lei dedicate figurano alcuni versi inseriti in un opuscolo dato alle stampe nel 1627 dall’editore veneziano Andrea Muschio, in cui si menzionano tre dipinti di quella che viene definita “pittrice romana in Venetia”

All’epoca del soggiorno dell’artista a Venezia, il dipinto Maddalena in estasi era già stato eseguito: la critica concorda per una datazione alla prima metà degli anni Venti, quando Artemisia risiedeva a Roma ed era molto ricercata, suoi clienti erano principi e cardinali. L’opera sembra quindi anticipare quel rinnovato interesse che nel corso del Seicento, nella Serenissima, favorì descrizioni di donne ‘esemplari’.

Nel 1633 fu infatti pubblicata quella Galleria delle donne celebri di Francesco Pona, in cui oltre a Lucrezia, soggetto trattato da Artemisia durante il suo periodo veneziano, si indaga la figura di Maria Maddalena. Probabilmente fu proprio durante il periodo veneziano che l’artista ottenne una delle sue più prestigiose commissioni: l’esecuzione per Filippo IV di Spagna del dipinto con la storia di Ercole e Onfale, destinato all'Alcázar di Madrid, residenza della famiglia reale spagnola.

Educatasi a Roma sotto l’egida del padre Orazio, Artemisia Gentileschi maturò una consapevolezza estetica aderente a quei contrasti di luce e ombra tipici della poetica di Caravaggio, che si ritrova in questo dipinto segnato da un rapido traversone di luce, il cui soggetto sembra tradurre le fini discussioni che al tempo si tenevano nelle Accademie letterarie veneziane. Si andava infatti configurando un modo nuovo di intendere e rappresentare la donna, promosso non solo da poeti e letterati, ma anche dai pittori coinvolti in quei sodalizi accademici.

Su questo terreno si innestò anche l’ambigua rappresentazione della Maddalena offerta nella Galeria di Giambattista Marino, principe dei poeti italiani del Seicento in contatto con diversi esponenti della cultura veneziana, pubblicata nel 1619. La “santa peccatrice” non veniva più intesa soltanto come la penitente che aveva abbandonato la vita mondana a seguito della felice conversione, ma si dava ampio spazio alla sua bellezza, il cui splendore, che si esprimeva mediante una valenza voluttuosa, rinviava anzitutto a una magnificenza spirituale. In linea con questo assunto, Maddalena non è qui raffigurata come penitente e quindi sofferente, bensì colta nell’attimo del rapimento estatico, che si esprime nel capo reclinato e nel sorriso appena accennato.

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