Cominciamo la nostra disamina degli articoli del titolo primo della Costituzione, quello dei diritti, della libertà declinata nelle sue mille sfaccettatture per poterla tutelare sotto ogni forma.
Ecco l'articolo 3.
«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»
«È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Il primo comma è, all'apparenza, solo un'enunciazione di principio. E' vero. Che enunciazione, però!
La Costituzione stabilisce qui , per la prima volta, l’uguaglianza morale e giuridica di tutti i cittadini senza alcuna distinzione. E' un'affermazione epocale contestualizzata al 1948.
Nessuna distinzione di genere fra uomini e donne, che non è solo il mero riconoscimento del suffragio universale ma tanto di più. Noi sappiamo quanto, ancora oggi, si debba lavorare quotidianamente perchè questo principio abbia efficacia e applicazione davvero. [artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1]
Nessuna distinzione di razza. L'Italia aveva conosciuto l'ignominia delle leggi razziali, quelle che avevano tolto dignità e riconoscimento umano agli ebrei sulla scia di quelle tedesche. Quella idea di razza, che aveva condotto il mondo al secondo conflitto mondiale ed aveva procurato orrori e dolore andava spazzata via e con essa ogni qualsiasi tentativo di far rientrare dalla finestra ciò che era stato cacciato dalla porta. Anche questo oggi viviamo quotidianamente, purtroppo.
Nessuna distinzione di lingua. Infatti, successivamente la Costituzione prevederà, in un precipuo combinato disposto di articoli, la tutela specifica delle minoranze linguistiche, quelle dei confini e non solo fino a prevedere anche la nascita di alcune regioni a statuto speciale. [art. 6]
Nessuna distinzione di religione. Qui possiamo davvero dire che , senza tema di smentita, si vede la modernità della Carta Costituzionale che - anche qui per converso rispetto al nemmeno tanto aleatorio stato confessionale di prima- tratteggia finalmente uno Stato laico ed aconfessionale in cui tutti i credi religiosi hanno pari dignità, democraticamente. [artt. 8, 19]
Nessuna distinzione di opinioni politiche. Qui è palese che l'enunciazione sottoindende che il confino e la reclusione riservati dal regime precedente agli oppositori politici imprigionati e lasciati morire in carcere solo per le proprie opinioni dovevano essere da allora innanzi solo un ricordo. [art. 22]
Nessuna distinzione di condizione economica e sociale. Anche qui un'altra affermazione di una lungimiranza unica. Questo passaggio della norma è il fondamento di quello che per anni è stato il precipuo fulcro dell'economia italiana, quello che gli economisti e i politologi hanno definito 'ascensore sociale', quel principio che permise per la prima volta, in combinato con il successivamente delineato diritto allo studio, che anche il figlio di un umile operaio potesse accedere a posizioni sociali più agiate evitando che una distinzione di censo potesse essere un baluardo insormontabile.
Ecco che, alla luce di ciò, il secondo comma dell'articolo 3 è addirittura rivoluzionario e contiene quello che giuridicamente viene definita: "Uguaglianza dei punti di partenza". Si, perchè lo Stato non solo concede la parità enunciata al primo comma dell' articolo ma si fa addirittura carico di mettere tutti nelle condizioni di partire alla pari senza discriminazioni. Lo Stato non solo crea il già citato "Ascensore sociale" ma deve garantire "l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Non uno Stato che ingerisce nelle dinamiche, attenzione, solo uno Stato che agevola la parità, l'uguaglianza di partenza lasciando alla capacità dei singoli lo svolgersi e l'affermarsi con la propria personalità nell'organizzazione politica, economica e sociale dell'Italia.
Non serve ribadire quano queste dichiarazioni siano state davvero importanti e rivoluzionarie. Una rivoluzione pacifica fatta di sostanza e scritta in punta di diritto con competenza e sagacia unica.
Questa e "l’uguaglianza sostanziale" come ha avuto modo di definirla Sabino Cassese, insigne giurista nonché giudice della Corte Costituzionale e grande costituzionalista.
«Se noi, ancora oggi, lo confrontiamo con gli articoli delle altre costituzioni – a cominciare dalla costituzione tedesca del 1949 e dalle altre successive costituzioni – notiamo che non c’è alcun articolo che sia così forte, lungimirante e che abbia innovato profondamente rispetto alle parole chiave dell’eredità della Rivoluzione francese (libertà, eguaglianza, fraternità)», così il compianto prof. Stefano Rodotà, giurista, professore emerito all’Università La Sapienza di Roma, costituzionalista.
Senza ombra di dubbio l’articolo 3 della nostra Costituzione, insieme ad altri, ha la virtù di cui parlava Piero Calamandrei: aver creato una “costituzione presbite”, una costituzione capace di guardare lontano.