Bologna si scopre città del Rinascimento, e città affatto secondaria. Un grande progetto espositivo e un itinerario accendono i riflettori su quanto abbia significato per Bologna, e non solo, l’arrivo in città di artisti come Raffaello, Michelangelo o Bramante. Un arrivo che coincise con la presa del potere dello Stato della Chiesa, nella persona di Papa Giulio II della Rovere.
È proprio l’arrivo, del tutto eccezionale, a Bologna del Ritratto di Giulio II, capolavoro tra i massimi di Raffaello, tra i tesori assoluti della National Gallery, che prende avvio questa affascinante e per più versi originale mostra.
A curarla Maria Luisa Pacelli, Davide Benati ed Elena Rossoni. Ad accoglierla la Pinacoteca Nazionale di Bologna che per l’occasione rivede l’intera sezione dedicata al Rinascimento con un nuovo itinerario di visita che approfondisce il percorso artistico relativo all’arte bolognese dall’epoca dei Bentivoglio sino all’incoronazione di Carlo V.
Il ritratto londinese, sicuramente di Raffaello, è il primo di una discussa serie di copie e rifacimenti. Questo emozionante capolavoro raffigura il Pontefice scardinando ogni tradizione iconografica. Qui il Papa non è una asettica figura ieratica, ma è un uomo reale, pur se raffigurato con le insegne della sua missione. Certo capo spirituale ma anche fortemente capo temporale, uomo d’azione oltre che di fede. A proposito di questo ritratto, Vasari scrisse che era “tanto vivo e verace, che faceva temere […] a vederlo, come se proprio egli fosse il vivo”.
È nel 1506 che, strappata la città alla signoria dei Bentivoglio, Giulio II riconduce Bologna al domino della Chiesa. Un fatto che ha implicazioni in ogni aspetto della vita cittadina, arte compresa.
Bologna, con la vicina Ferrara, contava all’epoca su artisti di grandissimo valore. Francesco del Cossa, Ercole dè Roberti, Lorenzo Costa, tra i ferraresi che operavano in città, accanto ai bolognesi Francesco Francia e Amico Aspertini, impegnati in committenze di rilievo, come la mostra documenta in modo preciso.
Gli artisti che avevano avuto il ruolo di protagonisti nel periodo bentivolesco si trovano a misurarsi con Michelangelo, Raffaello e Bramante e a confrontarsi con un altro mondo: una rivoluzione cui consegue la diaspora dei maestri bolognesi.
Tra le opere emblematiche di questo momento l’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello, realizzata durante il papato di Leone X, che influenzò grandemente l’arte presente e quella a venire. Ma se il raffaellismo conquistò la maggior parte degli artisti rientrati in città, non fu così per Amico Aspertini, pittore fedele al proprio linguaggio assolutamente personale e anticlassico, come testimonia in mostra il Cristo benedicente tra la Madonna e San Giuseppe, che qui giunge grazie al prestito della Fondazione Longhi di Firenze.
Gli anni travagliati che portano al Sacco di Roma nel 1527 condussero a Bologna un’altra personalità di spicco: il Parmigianino presente in città tra il 1527 e il 1530. La sua arte raffinata ed inquieta è documentata in mostra dal confronto tra la Santa Margherita della Pinacoteca e la Madonna di San Zaccaria, che giunge dagli Uffizi.
Con queste opere si arriva alle soglie di un nuovo momento centrale per Bologna, quello della incoronazione di Carlo V da parte di Clemente VIII, cui è riservata la conclusione dell’esposizione.
La mostra si dipana lungo l’ala del Rinascimento della Pinacoteca, in un percorso che pone in dialogo i capolavori del museo con gli importanti prestiti ottenuti.
Uno spazio nel percorso espositivo viene riservato anche a quei capolavori che per diverse vicende sono andati perduti per sempre, come il monumento a Giulio II di Michelangelo, la Cappella Garganelli con i suoi affreschi, il Palazzo dei Bentivoglio e gli interventi architettonici del Bramante.
A documentare il “ciclone” innovativo romano a Bologna sono rimaste rare, anche se eccezionali, testimonianze: ma l’influsso dei pur brevi anni di Giulio II si è perpetuato nell’arte e dell’architettura cittadini per secoli.
Il progetto è realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Bologna e con l’Accademia di belle Arti e coinvolge anche altre raccolte e siti monumentali cittadini dove verrà posto l’accento sulle testimonianze artistiche di questa fase della storia bolognese. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale.