Mi dispiace molto non poter essere con voi in questo vostro incontro a Cassino, che avete voluto organizzare nella città martire a ottanta anni dalla sua devastazione, dopo che i bombardamenti, esattamente un mese prima, avevano distrutto l’Abbazia di Montecassino. Peraltro avete scelto, come tema della vostra manifestazione, «Nell’alta terra di lavoro… sulle orme di san Benedetto», per sottolineare il forte e secolare legame che questo territorio ha con la tradizione monastica benedettina e la Regola, che proprio a Montecassino è stata redatta per poi irradiarsi in Italia, in Europa, nel mondo intero.
Saluto tutte le autorità presenti e i numerosissimi partecipanti al vostro convegno, e in particolare l’architetto Roberta Amedeo, campionessa mondiale di Handbike e già Presidente nazionale dell’Aism, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, di cui sostenete la ricerca con la vostra fattiva generosità, come già in passato avete sostenuto altri progetti umanitari, quali quelli realizzati in collaborazione con la comunità di sant’Egidio o con quanti operano in Uganda insieme a madre Maria Grazia Maglie.
La prossimità solidale agli ultimi della terra e a quanti in vario modo sono afflitti e provati, o vivono delle marginalità e delle esclusioni, è essa stessa un tassello importante per la costruzione della pace, che tutti desideriamo, senza però considerare, il più delle volte, che la pace ha comunque un prezzo da pagare. Ed è anche il prezzo costituito dal cercare insieme una giustizia e una equità sociale, economica, culturale, anche attraverso impegni di solidarietà quali quelli che voi promuovete
Pax, Pace, è la scritta che sovrasta il portone di ingresso dell’Abbazia di Montecassino, e noi monaci vorremmo davvero che tutti coloro che si recano a visitare l’abbazia lo interpretino come un saluto di accoglienza, per chiunque giunge nella casa di san Benedetto, ma anche come una consegna, un imperativo da portare via, da custodire con sé, una volta che si discende dal monte: abbi pace in te stesso e condividi questa pace con altri, impegnati a diffondere pace, a partire dai luoghi in cui vivi, dagli impegni che eserciti, dalle persone che frequenti. La pace del mondo trova radici nutrienti anche in queste piccole oasi di pace che possiamo e dobbiamo creare là dove siamo e dove viviamo.
In questo 2024, oltre a celebrare gli ottant’anni dai tragici eventi bellici che così duramente hanno segnato questa terra, ricordiamo un altro importante anniversario. Sessant’anni fa, il 24 ottobre del 1964, san Paolo VI, giunto a Montecassino per consacrare la ricostruita basilica dell’Abbazia, proclamava san Benedetto patrono principale d’Europa, con la lettera apostolica Pacis Nuntius, cioè «testimone», «messaggero di pace». Oltre a questo titolo, Paolo VI ne attribuiva altri al santo di Norcia, come ricorda l’inizio di quel documento, che vorrei citare per intero: «Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente: questi i giusti titoli della esaltazione di san Benedetto Abate».
Mi soffermo brevemente sui primi tre titoli usati dal papa in questo suo incipit:
Messaggero di pace: perché la pace va annunciata, promossa, evangelizzata, e occorre continuare a farlo, con fedeltà e perseveranza, anche quando abbiamo l’impressione che non ne valga la pena, o sia inutile farlo, o vano insistervi, perché la storia e il mondo sembrano andare in tutt’altra direzione. Occorre invece insistere, per evitare quello che sta diventando un rischio grave nella nostra cultura e nella nostra percezione: il ritenere cioè che la guerra e le sue logiche siano inevitabili. Non è così: la pace è sempre possibile, e perciò la pace è sempre doverosa.
Realizzatore di unione: la pace non è solo, in negativo, assenza di guerre e di conflitti; è soprattutto, in positivo, presenza di unione, di riconciliazione, di dialogo, di incontro e condivisione tra le differenze. Anche il vostro impegno per la solidarietà è significativo, proprio perché teso a creare unione e comunione, soprattutto con coloro che sono maggiormente svantaggiati e patiscono non solo differenze, ma discriminazioni.
Maestro di civiltà: la pace va educata, richiede il paziente impegno nel formare le coscienze, nell’illuminare le intelligenze, nell’educare i cuori. Senza educazione, senza formazione non c’è pace, e non c’è neppure un vivere civile degno di questo nome. Come testimonia questa vostra manifestazione, il vostro impegno è volto a fare delle stesse attività dopolavorative e ricreative delle preziose occasioni di educazione e di formazione, in vista di quel vivere civile che è come il grembo originario della pace, mentre le guerre non solo distruggono le civiltà, ma sono esse stesse espressione di un degrado e di un imbarbarimento delle coscienze.
Spero allora – ed è questo il mio augurio e la mia preghiera per voi – che questo vostro ritrovarvi «nell’alta terra del lavoro sulle orme di san Benedetto» sia per voi occasione feconda per riflettere e per annunciare agli altri l’importanza decisiva che oggi ha il diventare, ciascuno e ciascuna nel proprio ambiente, messaggeri di pace, realizzatori di unione, maestri di civiltà.
Luca Antonio Fallica
Abate di Montecassino