La mattina di buonora, il porto di Palau è vivo e illuminato a giorno. Le banchine proteggono le imbarcazioni che da lì a poco accoglieranno i villeggianti e gli escursionisti per le crociere nell’ Arcipelago. I bar per le colazioni, affollati per l’ultima fragrante brioche alla crema o marmellata, qualcuno sorseggia velocemente un caffè ristretto e via di corsa alla ricerca del proprio barcone.
In ordine di apparizione ma non di importanza, la Motonave Petagus ha già i motori accesi, bianca candida, accoglie i primi turisti sul ponte di poppa e la schiera di salvagenti quadrati rossi a decorare le sponde del ponte di coperta. Al suo fianco la Rumbera Charter con i due alberi e le vele chiuse, impaziente di salpare esorta i pochi ospiti a prendere posto sul ponte tirato a lucido. Ancora più avanti il Garibaldi II (poteva non chiamarsi così una barca il quel posto)? La scritta dell’eroe dei due mondi talmente grande da riempire l’intera sponda di poppa per essere vista fin da Caprera dove il famoso generale (forse) riposa solitario. “G.Garibaldi”: sembra il marchio di un noto stilista.
Finalmente il molo 5 con la nostra barca: Motonave Lo Squalo; di tutte la più grande, seconda solo al traghetto di linea per La Maddalena, anche lui ormeggiato e fumante con motori “arzilli”.
Ad accoglierci le carine e gentili hostess per le raccomandazioni sulle norme di distanziamento Covid e alcuni utili consigli per la comoda navigazione, compresa l’opportunità di prenotare il pranzo a bordo.
Alle 10:30 tutto l’equipaggio pronto a salpare e il nostro gruppo è accomodato nel ponte superiore assieme ad altri passeggeri. Nell’attesa, un rapido giro di saluti tra i colleghi, mogli e figli, alcuni che non vedo da forse 20 anni. Una bella rappresentanza di Nuoro, Macomer e Cagliari, come si suol dire in questi casi “paga zente bona festa”, la traduzione forse è superflua.
Lo Squalo è l’ultima a staccare la banchina, in realtà non si è capito se per ritardo o per l ‘attesa di qualche personaggio illustre, fatto sta che fino a quando non è arrivato il Comandante e il suo Armatore, nessuno si è azzardato a issare l’ancora. Il porto di Palau nuovamente silenzioso e noi siamo impazienti e pronti per questa bella avventura, desiderosi di gustare quell’ angolo di terra e mare tanto decantato in tutto il mondo, da ogni documentario naturalistico.
Il programma è ben nutrito, la prima sosta a La Maddalena per completare l’imbarco dei passeggeri e poi dirigerci nell’ isolotto di Spargi per il primo bagno della domenica. Le cronache locali di questa estate hanno raccontato la buffa razzia attuata da una famiglia di cinghiali che approfittando delle disattenzioni dei bagnanti, si impossessavano delle succulente e profumate merende lasciate incustodite nella spiaggia. La notizia ha fatto sorridere i lettori, ma in verità ha generato terrore per la voracità di quei poveri animali affamati e disperati che evidentemente, non hanno più paura della specie umana. Questo però non è un buon segnale, non tanto per i vacanzieri ma per i veri padroni di quell’ isola.
Dopo la sosta in barca per il pranzo, la partenza per Budelli la rosa che si può ammirare solo dalla rada e a debita distanza. Il suo caratteristico colore è dato dalla decomposizione di gusci di minuscoli microrganismi di colore ocra che nel tempo hanno modificato la composizione sabbiosa. Oggi è sottoposta a un rigidissimo regime di tutela per la continua e inesorabile scomparsa della spiaggia. Budelli è disabitata e non ha abitazioni, fatto salvo un piccolo rifugio abitato fino a poco tempo fa dal suo custode che per 30 anni ha vigilato e protetto l’isola sentendola sua: Mauro Morandi. Arrivato nell’ isola da Modena all’ età di 50 anni per caso, durante una tappa in catamarano verso la Polinesia venne folgorato dalla bellezza del luogo. Avuto il consenso dall’ allora proprietaria dell’isola, una società italo-svizzera, non volle mai muoversi accettando la sfida di una vita in solitudine spesso in grande difficoltà per il reperimento sempre più raro delle provviste via mare da amici e conoscenti. Osteggiato da inverni rigidi e tempestosi, il sopraggiungere ormai ottantenne del diabete e la necessità di una ristrutturazione totale del rifugio ad opera del Parco Nazionale divenuto nel frattempo titolare dell’intero Arcipelago, ha fatto desistere il Morandi e costretto al trasferimento nell’isola maggiore della Maddalena.
Siamo già in territorio delle Bocche di Bonifacio e il campo telefonico fa roaming con la Francia. Nella sequenza Cala Granara, Cala di Roto, Porto Madonna, Isola di Razzoli e l’isolotto di Paduleddi, il Passo del Topo, Punta Presa Cavalli, Cala S. Maria, Corcelli e infine Caprera nella baia di Coticcio, ultima tappa, dove è possibile fare un bagno direttamente con tuffi dalla Barca.
E’ difficile se non impossibile descrivere la bellezza selvaggia di questo luogo, per la maggior parte disabitata dall’uomo. Solo La Maddalena merita un romanzo e sarà la seconda tappa del mio racconto.
Non esistono accostamenti cromatici per definire i colori dei fondali di questo mare, perfettamente accostati a quelli della terraferma e le forme delle rocce granitiche scolpite dalle onde ed erose dal vento. Un tutt’uno con la vegetazione, la macchia mediterranea ricca di ginepri, corbezzoli, lentisco cisto e olivastro. Il profumo del mirto e il rosmarino selvatico si alterna al finocchio marino, l’euforbia e l’elicriso. Difficile distinguere tanta fragranza, mai uguale, che cambia con la direzione del vento e l’umidità dell’aria, un mix di intense esalazioni. Ogni stagione, ogni giorno e ogni ora ha il suo aroma unico e originale.
Il rientro in porto lascia un amaro in bocca, una velata malinconia inspiegabilmente ci colpisce e ci rapisce e poco importa se quello specchio di mare sia stato teatro di basi logistiche militari, compresi sottomarini nucleari; se ancor prima nell’ autunno del 1849 vi fu ospite ed esule nell’ isola che divenne poi la sua tomba, Giuseppe Garibaldi; se ancor prima nell’ inverno del 1802 vi stazionò l’Ammiraglio Nelson con la sua flotta di 18 navi e 4.000 marinai; se prima ancora nel 1793 arrivò la spedizione francese guidata da Napoleone con le sue 22 navi e 600 marinai a bombardare La Maddalena dalla vicina Santo Stefano. E chissà cos’ altro prima.
La storia fa parte del passato e di essa si ha certezza. E’ il futuro che ci preoccupa con la pesante responsabilità che abbiamo per difendere e salvaguardare questo paradiso sempre più sofferente e minacciato dallo sfruttamento incontrastato della macchina del turismo, dall’inquinamento ambientale e della pesca selvaggia.
L’ istituzione nel 1994 del parco Nazionale dell’arcipelago di La Maddalena ha introdotto le prime norme di salvaguardia che, anno dopo anno, vengono adeguate con regolamenti e ordinanze locali, in linea con le esigenze di prevenzione ambientale che tutelano dalla minaccia degli ingenti flussi turistici. Questo quadro normativo, punta all’autoregolazione dei sistemi naturali e all’ecosostenibilità ambientale, sottoposte a crescente pressione antropica esercitata dall’ uomo, sia esso “sensibile” al rispetto della natura o, ancor peggio, del tutto “incivile”.
Ed io, che sono un potenziale attore di questo fragile equilibrio, posso dare il mio piccolo contributo per la sua salvaguardia, partendo da piccoli e fondamentali azioni alla base di una civile convivenza con la madre natura: non rilasciando rifiuti di qualunque genere, non asportando sabbia o altro oggetto autoctono locale e limitando al minimo la visita turistica di quel paradiso, possibilmente con l’utilizzo di imbarcazioni a basso impatto ambientale.
Ma questo non è storia del futuro, è già il presente.